La regolazione del mercato privato di cura: un problema di welfare locale?

di Barbara Da Roit - Università di Milano Bicocca
Giugno 2006

 

Vi è ormai un certo consenso sul fatto che il lavoro di cura privato - il lavoro delle badanti in particolare - si sia sviluppato nel nostro paese a causa/grazie all'incapacità dei servizi pubblici di offrire sostegni "pesanti", costosi, continuativi. I familiari di anziani non autosufficienti, di fronte alla crescita dei bisogni ed alla riduzione delle risorse di cura informali e alla indisponibilità alla crescita dei servizi sociali, hanno trovato una soluzione innovativa: il parziale trasferimento dei compiti di cura al mercato del lavoro immigrato e sommerso.

Questa soluzione, che consiste nel parziale trasferimento del lavoro di cura dal settore informale-familiare al lavoro informale-retribuito, appare "funzionale" a tutti i soggetti coinvolti: i familiari delle persone anziane che trovano nelle badanti una risorsa di cura ad un prezzo relativamente contenuto (grazie al lavoro irregolare ed alla non piena valorizzazione del tempo di cura, sia rispetto al ricorso alle strutture residenziali, sia rispetto all'impegno richiesto ai caregiver informali); i servizi pubblici che vedono ridursi la pressione della domanda; i lavoratori immigrati che si inseriscono nel mercato del lavoro locale trovando soluzione anche al complicato problema dell'abitazione.

Alcuni aspetti di questo nuovo mercato - il suo carattere prevalentemente sommerso, la mancanza di garanzie sulla qualità dei servizi resi, il rischio di sfruttamento del lavoro, la tendenza a sfuggire al sistema dei servizi sociali - hanno spinto alcune regioni, ma soprattutto enti locali ed organismi del terzo settore a porsi l'obiettivo di promuovere interventi regolativi e di qualificazione del lavoro privato di cura.

Non vi è dubbio sulla responsabilità degli enti locali in materia di interventi e servizi sociali. E' inoltre evidente che è proprio al livello locale che le contraddizioni di un sistema come quello che si è andato delineando si manifestano in modo più pressante. E' quindi comprensibile che siano gli attori coinvolti nei sistemi locali ad attivarsi in prima istanza per affrontare il tema e cercare soluzioni ai problemi percepiti.

Ciononostante, il fenomeno del lavoro privato di cura si trova all'incrocio di diversi sistemi di regolazione che si collocano al livello nazionale o al più regionale:

1) La prevalenza delle erogazioni monetarie nazionali rispetto ai servizi, nel sistema di welfare italiano è una caratteristica importante, che ha effetti significativi sulla disponibilità di reddito delle famiglie e può quindi incoraggiare il ricorso a servizi privati. Le caratteristiche e l'ammontare dei contributi - di entità modesta rispetto alle necessità di cura e senza alcuna verifica dell'uso che i beneficiari fanno delle risorse, come nel caso dell'indennità di accompagnamento - non fanno che sostenere la contiguità tra ricorso ai servizi privati e ricorso ad un privato sommerso.

2) La segmentazione del mercato del lavoro di cura, la creazione di una nicchia di lavoro meno protetto e retribuito con una forte incidenza del lavoro sommerso e lo scarso controllo sulle condizioni di lavoro rappresentano caratteristiche di fondo del mercato del lavoro italiano. La regolazione del mercato del lavoro è un elemento che accomuna più che distinguere i diversi contesti locali, e che sfugge al loro controllo.

3) Anche la regolazione dei flussi migratori ed il quadro istituzionale entro cui si muovono i soggetti del mercato della cura - analogo nell'intero territorio nazionale - per lo più sfugge agli attori locali (pubblici e privati). Certamente questi potranno trovare strategie per adattarvisi, ma non hanno a disposizione la possibilità di trasformarne le regole del gioco.

4) L'ammontare complessivo delle - scarse - risorse destinate alle politiche sociali territoriali continua ad essere oggetto di decisioni di carattere nazionale, o direttamente (attraverso l'attribuzione di fondi alle autonomie locali per la realizzazione di interventi e servizi sociali), o indirettamente (attraverso la politica di finanziamento delle politiche sociali). Lo sviluppo del mercato delle badanti poggia sull'estrema flessibilità e sul basso costo delle prestazioni dei lavoratori di cura immigrati e sulla diffusa presenza ed accettazione del lavoro sommerso. E' evidente che per promuovere una regolazione e qualificazione sostanziale del lavoro di cura privato - sempre che questa sia la scelta che si vuole compiere - occorre immettere nel sistema dei servizi un'entità considerevole di risorse pubbliche, attualmente non disponibili e che è difficile immaginare si rendano disponibili in ambiti territoriali limitati.

Date queste premesse, vale la pena domandarsi quali siano gli spazi ed i limiti regolativi locali, che chiunque si sia cimentato con esperienze locali di regolazione ha avuto modo di sperimentare, come testimoniato anche dai materiali che questa newsletter ha fatto circolare.

Intorno al tema delle badanti, che suscita molto dibattito sulle "tecniche", sulle modalità operative e sui modelli organizzativi volti a regolare e qualificare il lavoro di cura privato, è forse necessario riprendere una riflessione sui meccanismi sociali ed economici in cui il fenomeno dell'assistenza privata è incardinato, che vanno ben oltre configurazioni locali per interessare un dibattito più ampio di carattere regionale e nazionale in materia di assistenza privata e sua regolazione. Per certi versi, le tensioni che si sono qui rapidamente ricordate forniscono lo spunto per rimettere a tema i rapporti tra livelli regolativi istituzionali nell'area delle politiche sociali.

 

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