Il Ministero del welfare a sostegno del lavoro di cura

di Mario Conclave, Manuela Facco e Georgia Casanova - Italia Lavoro, Roma*
Aprile 2012



Il potenziamento della capacità di cura domiciliare è la strategia della cura continuativa italiana. L’assistente familiare diviene in questo senso un attore importante oltre che uno strumento di welfare. Se infatti numerosi sono stati gli interventi a sostegno delle prestazioni domiciliari o di supporto alla famiglia e alla cura informale, da anni si parla di un mercato del lavoro privato di cura. Un mercato in continua espansione[1] caratterizzato da una manodopera tipicamente femminile e per lo più straniera, e dall’informalità della relazione che spesso assume il carattere di irregolarità contrattuale.
 
Alla luce della rilevanza di tale contesto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione ha promosso a partire dal 2010 un'azione di sistema in tema di mercato del lavoro e assistenza familiare. Il programma ministeriale per i “Servizi Alla Persona” ha trovato traduzione operativa in due interventi in base della diversa linea di finanziamento utilizzata:
 
1. Il “Programma di interventi in tema di servizi socio-assistenziali alla persona (SAP)” coinvolge 13 regioni del centro-nord (Piemonte, Lombardia, Liguria, Valle d’Aosta, Friuli VG, Emilia R., Marche, Molise, Abruzzo, Sardegna, Lazio, Umbria e Toscana) destinando all’attività 7 milioni di euro del Fondo Nazionale Politiche Migratorie.[2]
 
2. Nelle regioni obiettivo Convergenza (Sicilia, Calabria, Puglia, Campania) il programma “Azione di sistema per lo sviluppo di sistemi integrati di Servizi alla Persona (ASSAP)” è oggetto di finanziamento da parte del Fondo Sociale Europeo, per un impegno complessivo di 10 milioni di euro da utilizzare in voucher formativi, di conciliazione e di sostituzione.
 
I due interventi sono seguiti da Italia Lavoro spa, a cui il Ministero ha affidato il ruolo di assistenza tecnica per il programma al centro nord e di gestore dell’Azione di sistema al Sud. Ad oggi i due interventi hanno appena terminato la prima fase di avvio delle attività, relativa alla progettazione operativa regionale. La nostra riflessione focalizza, quindi, l’attenzione sugli elementi di strategia di programmazione, e di prima implementazione delle attività fino a fine 2012.
 
Servizi alla persona: un'azione di sistema per il social care
 
Il programma ministeriale per i servizi alla persona promuove la realizzazione di un sistema nazionale integrato di azioni, finalizzate alla qualificazione dei servizi di cura e di assistenza alla persona. In pratica si promuove la creazione di una rete di sportelli pubblici e privati di incrocio domanda/offerta di assistenza, che informi, orienti e assista le famiglie e le persone nella loro ricerca di assistenza qualificata o di occupazione, anche temporanea. La rete territoriale, oltre il matching domanda/offerta, offre servizi di consulenza nella gestione del rapporto del lavoro e di formazione e qualificazione degli addetti ai servizi di cura, anche attraverso sistemi di riconoscimento delle competenze informali. I piani di intervento prevedono azioni di:
 
- Sviluppo delle reti territoriali e di creazione di sportelli anche attraverso la formazione e di trasferimento di metodologie e strumenti operativi a supporto delle attività di intermediazione per gli operatori della rete.
 
- Formazione, qualificazione ed emersione delle competenze degli operatori della cura familiare, anche attraverso agevolazioni economiche per la frequenza (voucher formativi).
 
- Agevolazione della domanda anche attraverso il sostegno alla spesa di persone e famiglie, anche per le sostituzioni temporanee (voucher e sussidi di sostituzione).
 
Nel rispetto di tali indicazioni di massima è lasciata alle Regioni autonomia di programmazione operativa dell’intervento. Programmazione che può valorizzare esperienze le misure già in essere. Il Ministero inserisce nel disegno di rete i soggetti del privato sociale che spesso già svolgono la funzione di contatto tra famiglie e assistenti familiari, e che l’art.29 del DL 98/2011 autorizza a svolgere intermediazione lavorativa (patronati, sindacati, associazioni e cooperative sociali).
La DG Immigrazione sottolinea la rilevanza innovativa di questa opportunità organizzativa, invita le Regioni a tenere ben presente questo aspetto nella loro programmazione operativa. L’investimento del Ministero sul programma per i servizi alla persona è di circa 17 milioni di euro. A comprova dell’esistenza di una strategia regionale orientata alla cura familiare, il Ministero ha chiesto alle singole Regioni un impegno pari almeno al 50% del finanziamento erogato. La realtà ha però superato le aspettative e con cofinanziamenti regionali si sono superati i 36 milioni di euro di investimento totale.
 
Un impegno notevole che evidenzia il forte interesse per il tema e l’esistenza di strategie regionali già orientate al sostegno dell’assistenza familiare. Nello sviluppo delle loro funzioni le Regioni sono supportate dall’azione di assistenza tecnica e gestionale di Italia Lavoro, alla quale spetta per le regioni convergenza la gestione diretta delle procedure di implementazione dell’intervento, promuovendo lo sviluppo della rete locale, attuando la formazione agli operatori di sportello, e gestendo gli avvisi relativi alle misure a favore: 

1. dei soggetti privati autorizzazione per l’erogazione dei servizi di intermediazione e il conseguente inserimento nella rete locale;

2. degli assistenti familiari.

Alle Regioni obiettivo convergenza spetta l’erogazione dei voucher di servizio, sostituzione e conciliazione alle famiglie, misura oggetto di cofinanziamento regionale. Tutte azioni che invece le Regioni “centro nord” gestiscono in autonomia, avendo la possibilità di individuare quale soggetto attuatore un ente territoriale, ad esempio Provincia, Distretti sociosanitari, Agenzia delle salute. In pratica una delega di gestione attuata dalla maggior parte delle regioni (Liguria, Piemonte, Lombardia, Toscana, Abruzzo, Molise, Umbria ed Emilia-Romagna). La delega è generalmente parziale, le Regioni mantengono la gestione diretta di almeno un azione. Scelta attuata soventemente per le attività di formazione per gli operatori della cura, solitamente oggetto di cofinanziamento, attraverso l’impiego del Fondo Sociale Europeo.[3]


Una programmazione di successo: elementi e parole chiave
 
L’azione di sistema messa a punto dalla DG immigrazione può essere considerata un successo di programmazione:tutte le Regioni hanno avviato il programma e messo in atto tutte le tipologie di azioni previste. A ciò contribuisce l’adozione di una strategia integrata: In un solo programma convergono quattro temi: immigrazione, lavoro, formazione e assistenza.
Certo l’approccio integrato non è una novità in ambito sociosanitario, se ne parla già nella L. 328/2000, la novità per il nostro paese consiste nell’apertura del dialogo con altri settori di politica (lavoro, formazione ed immigrazione).
 
Un dialogo che la struttura del programma spinge ad attuare ad ogni livello istituzionale: la programmazione regionale è spesso il frutto di una collaborazione intersettoriale che in alcuni casi ha assunto la forma di un cofinanziamento dei diversi settori coinvolti. Scelta fatta soprattutto delle politiche sociali che hanno destinato risorse a sostegno di una delle azioni del programma (Piemonte) oppure mettendo a disposizione misure ed interventi già in essere (ad esempio Liguria, Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia).
 
Un monito - quello all’integrazione - che il Ministero promuove anche in ordine al modello di offerta territoriale. La partecipazione alla rete  dei diversi soggetti del territorio si propone di integrare l’azione pubblica con quella del privato sociale, verso un sistema di governance misto della cura. L’innovazione non si trova tanto nella privatizzazione dei servizi, ma nel riconoscimento al soggetto del privato sociale delle caratteristiche necessarie a rispondere in maniera adeguata al bisogno “fiduciario” espresso dalle famiglie e dalle stesse assistenti familiari. Un percorso di intermediazione già sperimentato e radicato, la cui efficacia va valorizzata.
 
Proprio la valorizzazione dell’esistente è l’altro punto di forza di questa azione. In un contesto generale di scarsità di risorse, l’idea di inserirsi su strategie regionali, interventi e misure già in essere, offre la possibilità di un uso efficiente delle risorse messe a disposizione dal programma, in base alle priorità e gli spazi di sviluppo del sistema. Il sistema di cura familiare così pensato diviene sostenibile grazie al radicamento sul territorio non solo dei soggetti coinvolti, ma anche dei percorsi di risposta al bisogno, di intermediazione e grazie alla consapevolezza da parte di ogni attore del proprio ruolo per il funzionamento del sistema.
 
All’interno di un quadro generale positivo ci sono anche aspetti che hanno trovato ancora pochi spazi di sviluppo, si pensa alla certificazione delle competenze informali. Lo specifico indirizzo della misura FSE alla formazione e alla certificazione formale delle competenze professionali, ha ridotto almeno in parte la spinta verso la realizzazione di percorsi di emersione delle competenze informali, attraverso la sperimentazione di nuovi strumenti. Questo l’ambito che in una prosecuzione delle attività del programma deve trovare ampio spazio di realizzazione.



* Gli autori:
Mario Conclave, Responsabile Area Inclusione Sociale, Italia Lavoro Spa
Manuela Facco, Coordinamento Area Inclusione Sociale, Italia Lavoro Spa (mfacco@italialavoro.it)
Georgia Casanova, Ricercatrice esperta di politiche di assistenza e di inclusione sociale, collabora con l’Area Inclusione Sociale, Italia Lavoro Spa (geo.casanova@gmail.com)

 


[1] La domanda familiare crescente non viene soddisfatta dalle 770 mila presenze stimate nel 2010.


[2]
La Regione Veneto inserita nel programma ne è uscita a causa di impedimenti regolativi relativi al patto di stabilità che non gli permettevano di incassare il finanziamento ministeriale.

[3] Lazio, Sardegna, Marche, Valle d’Aosta e Molise hanno mantenuto la gestione diretta di tutte le azioni. Le motivazioni sono differenti: la Valle d’Aosta nella sua particolarità territoriale opera direttamente gestendo servizi, mentre la Regione Sardegna ha legato le attività del programma ad un progetto europeo, il Lazio promuove una sperimentazione su una azienda ospedaliera e le marche sceglie di mantenere un sistema di governance del programma centralizzato.
 
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