Le ucraine a Brescia: cronache di ricerca

di Elena Modenesi - Associazione Centro Migranti, Brescia
Febbraio 2006

 

Dopo aver realizzato, negli ultimi due mesi, più di cinquanta interviste a donne che svolgono attività di assistente familiare nella provincia di Brescia, propongo alcune riflessioni "a caldo" sulla realtà che ho incontrato (1).

Nel territorio del bresciano le donne che principalmente si occupano di assistenza alla persona sono soprattutto ucraine e moldave, anche se non mancano donne filippine, cingalesi e di origine africana, soprattutto eritree, somale, marocchine e ghanesi, accanto ad un altro nucleo di origine latinoamericana, soprattutto peruviane e ecuadoriane.

Capita talvolta di imbattersi anche in donne italiane non qualificate che si dedicano al lavoro di accudimento di anziani per far fronte alle spese quotidiane.

Particolarmente degno di nota è il folto gruppo delle badanti ucraine stabilitesi a Brescia, caratterizzato da un nucleo numeroso di donne dai trent'anni circa fino ai sessant'anni, generalmente con un livello di scolarizzazione molto elevato e con un'esperienza lavorativa nel Paese d'origine notevole, di posizione qualificata e dirigenziale.

Solitamente queste donne concepiscono la loro condizione di badante come un ripiego forzato e vivono questo con un forte senso di frustrazione e impotenza; non considerano la loro occupazione attuale come un vero lavoro, quale poteva essere quello dirigenziale che svolgevano in Ucraina, ma come la conduzione quotidiana di una famiglia e di una casa. Per questo non considerano necessaria una formazione nell'ambito domestico e della relazione di cura, che sono associati alla cura normalmente svolta per la famiglia naturale nel Paese d'origine dopo il lavoro svolto fuori casa. Cucinare, lavare, tenere in ordine le stanze, occuparsi della persona malata sono quindi le stesse mansioni da sempre svolte per i familiari, attività nelle quali sono quindi esperte, nonostante le differenze culturali.

L'elemento che più balza all'occhio è l'elevato tasso di separazione e divorzio tra le giovani donne ucraine, che si lamentano del lassismo degli ex-mariti, della mancanza di attenzione e cure verso i figli rimasti in patria e della loro dedizione all'alcool, sperperando così i soldi guadagnati da loro con tanto sacrificio e inviati per le spese quotidiane. Le donne più anziane invece riescono a mantenere il legame matrimoniale e spesso la loro necessità lavorativa in Italia è legata proprio al bisogno di curare il marito in Ucraina.

Alcune donne cercano di rifarsi una vita qui in Italia, intrecciando relazioni con uomini italiani, ma il pensiero primario è sempre rivolto ai figli rimasti al Paese, figli a cui devono continuamente inviare soldi per dar loro la possibilità di continuare a studiare; tutti i sacrifici fatti in Italia sono per il futuro dei figli.

La maggior parte delle badanti regolari intervistate lavora giorno e notte, con due ore di riposo pomeridiano e la domenica di libertà, ma possiede un contratto di sole 25 ore settimanali, ossia il minimo previsto dalla legge. Questo, se da un lato permette loro di pagare meno tasse e quindi avere più soldi a disposizione nell'immediato, dall'altro lato non garantisce loro una copertura pensionistica futura dignitosa e alcune donne iniziano a porsi quesiti proprio circa questa questione.

Il nutrito nucleo di donne irregolari e clandestine che prestano servizio alla persona in famiglia, spesso non ha invece diritto nemmeno alle ore di riposo garantite nella maggioranza dei casi alle donne con contratto di lavoro.

Le difficoltà che le assistenti familiari percepiscono maggiormente sono di tipo relazionale, sia con i familiari degli anziani seguiti che, secondo loro, si intromettono troppo nella gestione della casa, sia con gli anziani stessi che, talvolta, presentano un carattere scontroso e aggressivo.

Le persone che ho incontrato si lamentano soprattutto della poca libertà personale a disposizione: spesso molte donne dedite ormai da anni al lavoro privato di cura come "fisse", ossia 24 ore su 24, si dicono stanche di questa pesante condizione che le annulla come persone e azzera le loro relazioni sociali al di là della famiglia dell'anziano;  cercano quindi un lavoro, magari sempre in famiglia, che le impegni però solo durante la giornata, dando loro la possibilità di ritagliarsi del tempo per loro stesse e i loro affetti.

Oggi però il mercato del lavoro di cura familiare bresciano pare saturo: l'offerta è nettamente superiore alla domanda e anche per le badanti si profilano momenti duri. Esse hanno preso coscienza di questo e, nonostante la pesantezza del lavoro, molte si dicono disponibili a continuare a questo ritmo, che assorbe totalmente il loro tempo, pur di lavorare.


Nota

(1) La ricerca sul territorio della provincia di Brescia, svolta contemporaneamente anche nel territorio della provincia di Milano, è in fase di ultimazione come parte del progetto Equal "Qualificare il lavoro privato di cura" (codice IT-G2-LOM-006), che vede l'Irs di Milano come capofila e responsabile delle attività di indagine sul territorio. I risultati della ricerca saranno diffusi anche attraverso questa newsletter entro l'estate 2006.

 

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