Il progetto Ancilla

di Marinella Giuni e Katia Stoico - Psicologhe, Voghera e Milano
Dicembre 2006

 

Questo intervento intende proporre alcune riflessioni a conclusione del progetto "Ancilla", promosso dalla Fondazione Cecchini Pace di Milano e realizzato tra il 2004 e il 2005.

Gli scopi del progetto sono stati:  indagare le strategie migratorie e i progetti di insediamento e di inserimento lavorativo delle donne che provengono da altri paesi, legati all'assistenza dell'anziano e ai modelli di cura; verificare il tipo di competenze messe in gioco dalle A.S.A. immigrate nella relazione di cura con l'anziano e definire possibili percorsi formativi sul prendersi cura dell'anziano; utilizzare il pensiero autobiografico delle A.S.A. immigrate e degli anziani come possibilità di tenere insieme parti di sé recuperando parti della propria origine, partendo dal presupposto per cui anche l'anziano che proviene da contesti culturali definiti, possa essere considerato "straniero" in un mondo teso alla produttività.
 
La metodologia e gli strumenti
Per la realizzazione del progetto sono stati previsti dei colloqui approfonditi e questionari con i soggetti coinvolti (A.S.A. straniere e anziani ospiti delle R.S.A.), realizzati all'interno di due R.S.A. milanesi.
Sono stati anche utilizzati gli strumenti del mandala autobiografico, dell'identikit culturale e dei test carta-matita.

Sono stati effettuati 113 colloqui-questionari, così suddivisi:

- 58 A.S.A.
- 48 anziani
- 7 testimoni privilegiati (soggetti che, a diverso titolo, sono in contatto con i soggetti toccati dal progetto).
 
I dati emersi dalle interviste con le Asa
Le aree indagate con le A.S.A. straniere hanno riguardato 7 ambiti: i dati personali, il progetto migratorio, il rapporto con il lavoro, con gli anziani, con le famiglie degli anziani, con i colleghi ed il loro inserimento nella nostra società.

Nessuna delle intervistate ha fatto riferimento a strutture di accoglimento per anziani nei paesi di origine, dove gli anziani vivono con i figli o con altri parenti e sono assistiti direttamente da loro. Tutte hanno dichiarato che gli anziani nei loro paesi sono trattati con amore, rispetto, pazienza e gentilezza. Tra le attività preferite da svolgere con gli anziani le intervistate hanno citato la conversazione, il prendersi cura di loro, il passeggiare, lo stare con i nipoti. Tra le attività più fastidiose hanno sottolineato l'accompagnamento frequente al bagno e le richieste ossessive e ripetute. Nessuna delle intervistate ha dichiarato di essere disturbata dai disturbi mentali degli anziani.

La maggior parte (26) si occupa di tutto ciò che concerne l'anziano con piacere, 2 hanno alcune difficoltà per gli odori, 1 per sollevare gli ospiti pesanti, 4 mostrano una certa insofferenza nei confronti di taluni atteggiamenti definiti di prepotenza dell'anziano. Sono nel complesso comunque tutte contente di svolgere questo lavoro.

I dati emersi dalle interviste con gli anziani
Dei 48 soggetti intervistati, 8 sono ricoverati in struttura da meno di un anno, 6 da 1 anno, 8 da 2 anni, 7 da 3 anni, 9 da 4-8 anni, 1 da 10 anni, 5 da 12-15 anni, una da 26 anni ed una da 30 anni (di 2 persone non si conosce il dato).

I motivi del ricovero:

- 31 per malattia/disabilità/non autosufficienza
- 12 per solitudine/vecchiaia/mancanza o perdita dei parenti
- 4, pur autosufficienti, hanno preferito la struttura perché non volevano la badante (2 per ragioni economiche, 2 perché non volevano estranei in casa)
- 1 non ha saputo rispondere.

Due persone sono state ricoverate in struttura insieme al marito ora deceduto.
Alla domanda "Come vive il fatto che sia un'altra persona ad occuparsi di lei?" le risposte, sia degli uomini che delle donne, sono state:

- 32 bene, non mi imbarazza, so di avere bisogno
- 5 bene, ho dovuto accettarlo, le difficoltà erano soprattutto all'inizio
- 10 non bene, cerco di arrangiarmi da solo
- 1 molto bene, perché ha dovuto sempre accudire gli altri ed ora è felice che si pensi a lui.

Le A.S.A. e gli anziani: i relativi punti di criticità
Gli anziani intervistati dichiarano tendenzialmente di preferire che ad occuparsi di loro siano operatrici italiane; si comprende che le difficoltà sono imputabili maggiormente all'ostacolo della lingua, spesso conosciuta solo superficialmente dalle A.S.A. straniere.

Da qui emergono anche elementi di sospettosità, perché l'anziano teme che quando parlano tra loro in lingua stiano parlando di lui.

Qualcuno lamenta differenze nel metodo di lavorare, più imprecisione da parte delle A.S.A. straniere, ma questo viene da altri ospiti minimizzato a fronte di una maggior capacità di socializzazione, di dolcezza, di serenità che spesso le straniere trasmettono all'ospite.
 
I pregiudizi sono comunque molti: gli anziani utilizzano spesso nomignoli e appellativi compassionevoli che sottolineano come le donne straniere vengano differenziate rispetto alle italiane. Alcuni anziani pensano addirittura che abbiano differenze di ruoli (le straniere ricoprirebbero le mansioni più umili).

Raramente gli anziani dichiarano di soffermarsi a chiacchierare con le A.S.A. perché hanno sempre poco tempo e sono sempre di corsa, ma è un desiderio che esprimono spesso.

Questo dato risulta invece in opposizione a quanto dichiarato dalle A.S.A., che riportano di molti momenti di dialogo, conversazione e coinvolgimento degli anziani.

Sulla formazione, ancora una volta le difficoltà risultano con la lingua: spesso frequentano il corso A.S.A. che ancora non parlano l'italiano e nella quotidianità con l'anziano questo diventa un ostacolo (soprattutto se questi parla il dialetto).

I momenti di aggiornamento sono ben accolti purchè si svolgano in orario di lavoro.
Altro elemento di criticità è il rapporto con i familiari degli ospiti: in alcune strutture è proibito alle A.S.A. dare informazioni sugli ospiti perché è compito degli infermieri che sono prevalentemente italiani: questo limita le relazioni (tant'è che spesso la sensazione delle A.S.A. straniere è che i figli abbandonino i propri genitori senza capire le proprie motivazioni e difficoltà), ma soprattutto denota una caratteristica di inferiorità e di impossibilità di esprimere il proprio parere che viene dalle stesse percepito e denunciato.

La migrazione e la conseguente riflessione sulle diverse culture di provenienza e sulle difficoltà ad articolarsi nella cultura di destinazione ci hanno spinto ad implementare il nostro lavoro. Sono state pubblicate, con il contributo del Comune di Milano - Ufficio Stranieri, le "Linee guida per la valorizzazione e l'ottimizzazione delle risorse culturali ed umane in RSA. LA DONNA MIGRANTE E IL LAVORO DI CURA IN RSA", a cura di  Giuni M., Pirovano A., Savio A., Stoico K., Terranova-Cecchini R., Presentazione di Marcello Cesa Bianchi.  Questo perché non venga mai dimenticato il grande valore aggiuntivo che le nuove risorse portano con sé ed anche perché si possano trasmettere loro alcuni contenuti della nostra cultura - relativamente all'organizzazione della famiglia ed alla cura degli anziani - che permettano di meglio declinare il lavoro di cura nel rispetto delle differenze individuali.

 

Nota

Il Progetto "Ancilla. Il prendersi cura dell'anziano: l'A.S.A., la nuova professione delle donne immigrate in Italia. Strategie di umanizzazione per le R.S.A." si inserisce nell'ambito del Programma Regionale per le Politiche di Integrazione concernente l'immigrazione - Fondi 2003 (Art. 45 D.L.G.S. 286/98 "Fondo Nazionale per le Politiche Migratorie").

L'ente proponente il progetto è la Fondazione Cecchini Pace di Milano, il coordinamento tecnico-scientifico è stato effettuato dalla Dott.ssa Mara Tognetti Bordogna, Sociologa, Docente di Politica Sociale e Politiche Migratorie dell'Università Bicocca di Milano, e dalle Dott.sse Katia Stoico e Marinella Giuni, Psicologhe, esperte in Psicologia Gerontologica e dell'Anziano. E' stato realizzato tra il giugno 2004 ed il giugno 2005.

 

Copyright | Privacy | Crediti