Badante di condominio: il nodo dei costi

di Giselda Rusmini e Sergio Pasquinelli - Istituto per la Ricerca Sociale, Milano
Luglio 2016

 

Si stanno moltiplicando i progetti di “badante di condominio”. Questa etichetta, in realtà, racchiude esperienze diverse fra loro, che vanno nella direzione di superare il rapporto “un anziano-una badante” allargando il numero di assistiti all’interno di uno stesso ambito residenziale.

La logica sottesa a questo tipo di formula è quella alla base della sharing economy: aggregazione della domanda e condivisione della risposta per favorire la socializzazione e la riduzione dei costi. Parliamo di esperienze diverse, in base a tre fondamentali fattori:

- chi organizza la domanda e sostiene i "costi di transazione" legati al reclutamento del personale e al coordinamento del servizio;

- chi è il datore di lavoro;

- chi paga  la badante.

 

Chi organizza la domanda e paga reclutamento e coordinamento

Chi è il datore di lavoro

Chi paga  la badante

1.       Soggetto privato

Anziani e famiglie
Anziani e famiglie

2.       Ente pubblico

Agenzia per il lavoro /

Amministratore di condominio

Ente pubblico

3.       Ente pubblico

Amministratore di condominio

Anziani e famiglie
 

1) Nel primo caso un soggetto privato si fa carico di proporre e organizzare il servizio gestendone gli aspetti contrattuali/amministrativi, mentre i datori di lavoro sono i singoli assistiti (o loro familiari) che pagano la lavoratrice in base alle proprie ore di utilizzo.

La più estesa esperienza di questo tipo è quella che Confabitare (Associazione proprietari immobiliari) sta portando avanti dall’inizio del 2012, che ha già coinvolto circa 53 condomini a Bologna ed è in fase di espansione a  Torino, Verona, Milano, Firenze Roma, Messina. Il servizio offerto dall’Associazione consiste nel reperimento delle badanti, nel loro coordinamento e nel disbrigo delle pratiche relative all’assunzione e alla preparazione delle buste paga. La lavoratrice, che è occupata a tempo pieno presso un condominio, è assunta direttamente dagli anziani attraverso più contratti part-time, per importi di circa 200/250 euro mensili. Il servizio di Confabitare è gratuito e non comporta alcun aggravio di spesa rispetto ad una normale assunzione da parte di una famiglia.
 

2)  Nel secondo caso, l’ente pubblico fornisce un servizio di assistenza a famiglie già note ai servizi sociali, nella logica di favorire la socialità e la condivisione. La lavoratrice può essere reclutata ricorrendo ad Agenzie per il lavoro autorizzate[1], anche passando attraverso gli enti accreditati nel sistema di servizi domiciliari pubblici, o può essere resa disponibile attraverso l’amministrazione condominiale. La badante è pagata dall’ente pubblico e/o da fondazioni o altri finanziatori del progetto.

Una esperienza che va in questa direzione è quella avviata nel 2015 dal Comune di Milano, attraverso cui piccoli gruppi di persone residenti nei condomini popolari beneficiano dei servizi resi da una assistente familiare disponibile presso lo stabile 24 ore settimanali. Nelle intenzioni del Comune la sperimentazione dovrà arrivare a coinvolgere 30 condomini per un totale di circa 250 persone[2]. Anche il Comune di Firenze si è lanciato nella sperimentazione della badante di condominio, figura incaricata di assistere gli anziani al proprio domicilio e di riunirli per svolgere attività di socializzazione[3].


3)  Nel terzo caso, particolare ed interessante, l’ente pubblico promuove il servizio nei confronti dell’intera cittadinanza con l’obiettivo di attivare un mercato di servizi condivisi, nella logica di ridurre i costi e favorire lo scambio e le relazioni.  L’esperienza emblematica è quella che il Comune di Milano sta realizzando nell’ambito del più ampio progetto “Welfare di tutti” finanziato dalla Fondazione Cariplo, attraverso il quale punta ad aprire il welfare qualificato, a pagamento, alle persone che solitamente non vi fanno ricorso. Fra i servizi che il Comune intende promuovere c’è anche la “badante di condominio”, in collaborazione con Anaci, Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari.[4]


In ciascuno di questi casi appare determinante l’attività di promozione, gestione e coordinamento del sistema svolta dall’ente pubblico o dal soggetto privato. E’ naturalmente possibile che gli abitanti di uno stabile decidano in autonomia di attivarsi per avere una badante di condominio: ma non ci risultano esserci esperienze simili. Un altro aspetto importante, che andrà indagato, è il ruolo svolto dall’amministratore di condominio, foriero di possibili interessanti sviluppi[5]

Fra i principali vantaggi comuni a questi tre tipi di esperienze vi è la presenza di un soggetto che si occupa della gestione amministrativa del rapporto di lavoro; la possibilità di utilizzare la badante per il tempo di cui l’assistito ha realmente bisogno, nella consapevolezza che in caso di emergenza è possibile reperirla all’interno del condominio; il servizio può offrire opportunità di socializzazione maggiori rispetto al rapporto di lavoro domestico tradizionale; infine, è possibile che via sia un risparmio legato al fatto che l’assistente può svolgere le stesse mansioni per più persone contemporaneamente, come fare la spesa o altre commissioni, realizzando così “economie di scala”.

I punti deboli del lavoro di cura in condivisione riguardano:

- la tipologia di bisogni a cui far fronte, che non possono essere particolarmente intensi, quantomeno in termini di estensione oraria richiesta alla badante;

- la non semplice attivazione, dato che richiede di trovare e mantenere un accordo fra più persone dello stesso condominio, che possono avere nel corso del tempo l’esigenza di modificare il proprio ricorso al servizio;

- infine i costi di transazione: l’organizzazione che recluta, propone, coordina la badante di condominio ha un costo. Chi lo sostiene?

Il nodo dei "costi di transazione"

Per concludere, il lavoro di cura condiviso presenta vantaggi per le assistenti e le famiglie interessate a qualche ora di assistenza settimanale. La sua attivazione richiede una attività significativa di promozione del servizio, necessita di un accordo stabile nel tempo fra diversi nuclei residenti all’interno del medesimo stabile e sottintende la presenza di un soggetto che si fa carico del sistema e dei suoi costi.

La badante di codominio richiede una organizzazione che ha dei costi di transazione (informazione, promozione, reclutamento, definizione/revisione degli accordi, coordinamento) che, salvo le eccezioni di cui abbiamo parlato, ricade sulle famiglie. Forse per questo motivo è una soluzione ancora poco diffusa.

 


[1] Vale la pena ricordare che le cooperative, contrariamente alle Agenzie per il lavoro,  non possono  assumere le assistenti applicando il contratto di lavoro domestico, ma sono obbligate ad utilizzare quello delle cooperative, più oneroso. Per approfondimenti si rimanda al Capitolo 4 del volume “Primo Rapporto sul lavoro di Cura in Lombardia. Gli anziani non autosufficienti” (Maggioli, 2015).

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