di Pedro di Iorio - Servizio Accoglienza Immigrati, Caritas Ambrosiana, Milano
Giugno 2006
Nell'ambito del lavoro di cura alla persona va menzionato l'evolversi di un processo ormai consolidato e che assume tuttavia aspetti che inducono a diverse riflessioni; parliamo dell'immigrazione femminile ucraina che negli anni 2000 e sempre più in questi ultimi si è attestata quale quinta comunità immigrata presente sul territorio nazionale e quello di Milano e provincia in particolare.
Il flusso migratorio da questo paese - tra i più poveri dell'est Europa - è contraddistinto da alcune caratteristiche che possono essere così riassunte:
a) emigrazione al femminile - quasi l'80% - di soggetti forti che già nel proprio paese sostentavano l'economia e la vita familiare;
b) età adulta compresa tra i 40 e i 50 anni con punte di presenza vicina ai 60 anni;
c) elevato grado di istruzione, sovente viene indicato il titolo di laurea in discipline tecniche (ingegneria meccanica e chimica) con pregresse esperienze lavorative nel settore;
d) emigrazione che all'origine è attuata con regolari visti di turismo rilasciati da alcune ambasciate europee, che hanno la durata di pochi giorni, e che allo scadere pongono le donne in condizione di irregolarità. L'attuazione di tali procedure valide per l'emigrazione ha comunque sempre un costo elevato oscillante tra i 2500 e i 3000 euro;
e) progetto migratorio transitorio in quanto ispirato a creare un benessere di ritorno immediato e finalizzato al mantenimento degli studi universitari dei propri figli, in un'economia nazionale nella quale l'assenza di lavoro determina quale alternativa di realizzazione sociale lo studio universitario. Una ulteriore logica finalizzazione del benessere di ritorno è rappresentata dall'acquisto della casa e di alcuni beni di consumo.
L'immigrazione femminile ucraina non corrisponde (ancora) a progetti di consolidamento familiare - rare infatti sono le procedure attuate per il ricongiungimento familiare - e cosi pure è ancora debole il percorso di integrazione socio-culturale nel territorio. La dimensione relazionale viene quasi esclusivamente vissuta negli appuntamenti domenicali nei luoghi di culto e/o nelle piazze nelle quali converge anche il flusso di partenze e arrivi di nuove persone e di beni destinati alle famiglie in patria.
Una immigrazione così configurata incrocia con efficacia il mercato del lavoro di assistenza della persona anziana. L'assenza di vincoli familiari in loco, la necessità e la tenuta al lavoro continuo, la volontà di ricercare una dimora nello stesso luogo di lavoro (con l'azzeramento dei costi di vitto e alloggio) e non da ultimo l'immagine della donna adulta fanno della donna ucraina un soggetto di forte richiesta da parte delle famiglie alle prese con l'insorgere di situazioni di semi autosufficienza dei propri cari.
La regolarizzazione secondo la legge Bossi - Fini del 2002 ha fatto emergere il dato macroscopico di tale presenza, ma negli anni a seguire l'immigrazione non si è arrestata ed oggi un alta percentuale (30-40%) è presente sul territorio in situazione di irregolarità e quindi non assumibile attraverso la stipula di un regolare contratto di lavoro.
L'emigrazione dall'Ucraina, a differenza di molti altri paesi, è consapevole di quanto accade nel paese di arrivo. La comunicazione che esiste tra le immigrate e che è (ancora) in Ucraina fornisce a parenti e amiche una attendibile percezione di ciò che può essere cercato in termini di vantaggio (lavoro, guadagno), oltre che in termini di rischio e disagio. E' proprio tale genere di feed-back a generare il costante flusso migratorio.