Tutoring 2: l'esperienza del Comune di Modena

di Egide Bollani - Ufficio progetti per la domiciliarità
Susanna Beltrami e Silvia Bellettini - tutor progetto Serdom

Ottobre 2010


Nel Comune di Modena l’esperienza di tutoring domiciliare si è iniziata a sperimentare con il progetto Serdom,[1] dagli inizi degli anni 2000, e successivamente con il progetto Madreperla,[2] fino a diventare un’azione prevista all’interno dei servizi domiciliari.

 
Il Tutor dell’Assistenza familiare
 
Il “Tutor dell’Assistenza familiare” svolge un ruolo di coordinamento intermedio, previsto nel servizio di assistenza domiciliare, caratterizzato da un insieme di competenze nuove
 
Il tutor, che è referente per le famiglie che percepiscono il contributo economico Serdom, effettua una consulenza domiciliare, incontrando nel proprio contesto gli anziani, i familiari e le assistenti:[3]
 
  • raccoglie informazioni sull’anziano (capacità, abitudini, ambiente di vita) e la relazione instaurata con l’assistente familiare;
     
  • informa ed orienta i familiari sulla rete dei servizi, suggerisce modalità assistenziali più appropriate, indica ausili e servizi di consulenza sull’abbattimento delle barriere architettoniche, offre aiuto al care giver segnalando eventuali percorsi di sostegno;
     
  • spiega, sia alla famiglia che alla lavoratrice, l’importanza della formazione e della conoscenza della lingua italiana nello svolgimento del lavoro di assistenza, fornendo informazioni sui percorsi programmati.
 
Il tutor, inoltre, è presente settimanalmente presso lo Sportello di intermediazione assistenti familiari, ed insieme ad altre operatrici iscrive nell’elenco le assistenti in cerca di lavoro, approfondendo le loro esperienze, capacità e competenze, cercando di orientarle e favorire il loro ingresso nel mondo del lavoro, proponendo corsi di lingua italiana e di assistenza. Alle famiglie che si rivolgono allo sportello cercando un’assistente per un loro congiunto, il tutor offre informazioni volte a creare consapevolezza su cosa significhi accogliere nella propria casa un’assistente familiare.
 
Il tutor risulta quindi essere un esperto dell’assistenza domiciliare, a cui è richiesto di rapportarsi con persone e contesti familiari che possono presentare caratteristiche molto diverse tra di loro; il suo ruolo è finalizzato all’esigenza del “prendersi cura di chi cura”.
 
La formazione delle OSS
   
Nell’ultimo anno è stata sviluppata un’azione di tutoraggio-formazione nei confronti delle operatrici socio assistenziali (OSS) che prestano la loro attività nel Servizio di Assistenza Domiciliare, a seguito dell’evidenziarsi di difficoltà e incomprensioni tra le operatrici stesse e le assistenti familiari nella gestione delle attività assistenziali.
 
Le tutor, insieme ad una collega, hanno organizzato un percorso costituito da tre incontri.[4] Nel primo è stato affrontato il tema dell’assistente familiare dal punto di vista sociale e culturale (le ragioni dell’immigrazione, le condizioni di vita nei paesi di provenienza), incentrando la discussione sui pregiudizi e gli stereotipi. Nel secondo incontro sono state fornite informazioni sulle azioni che l’ente locale mette in campo per le assistenti familiari, sottolineando la necessità che le assistenti garantiscano cure adeguate all’anziano, integrando l'attività sociale svolta dai servizi. Nel terzo incontro sono stati affrontati i “casi” di anziani in carico al servizio e accuditi a domicilio da un’assistente familiare, analizzando i problemi intervenuti e le possibili soluzioni.
 
Gli incontri hanno permesso alle OSS di manifestare una più consapevole disponibilità a collaborare con le assistenti familiari. Esse, inoltre, hanno avuto la possibilità di partecipare ai corsi di formazione rivolti alle assistenti, illustrando il loro servizio e spiegando il loro ruolo.
 
Un primo, sintetico bilancio
 
L'esperienza svolta fino ad ora ha dimostrato il valore del tutoring all'interno del sistema dei servizi a sostegno della domiciliarità. Schematicamente i punti di forza del servizio sono riassumibili in:
 
  • essere di sostegno sia alle famiglie che alle assistenti familiari;
     
  • aver creato all’interno del servizio sociale modalità di accoglienza e ascolto di “chi si prende cura di chi cura” (delibera regionale 1206/2007);
     
  • aver creato e consolidato relazioni tra diversi servizi socio-sanitari e istituzioni (centro di formazione, centro territoriale permanente per l’età adulta, centro per l’impiego, associazioni di donne straniere), che collaborano avendo gli stessi obiettivi di integrazione sociale e culturale, di qualificazione del lavoro, di occupazione nell’ambito dell’assistenza.
 
Tra le criticità emerge la scarsità di risorse da dedicare al sostegno economico per le famiglie che hanno regolarmente assunto un’assistente familiare. Questa scarsità rende fragile il sistema, basato sulla relazione tra l’erogazione di un contributo vincolato alla partecipazione dell’assistente ai corsi di formazione e l’offerta di personale qualificato, attraverso lo Sportello di intermediazione familiare.  


[1] Progetto transnazionale finanziato dall' Unione Europea, e promosso dalla Provincia di Barcellona, con l'obiettivo di promuovere un nuovo modello europeo di assistenza domiciliare per anziani. Sul territorio modenese, a seguito della sottoscrizione del “Patto modenese per l’assistenza domiciliare agli anziani” da parte del Comune di Modena, delle organizzazioni sindacali Confederali, dei pensionati, di categoria CGIL, CISL, UIL, CUPLA, dalla Lega Provinciale delle Cooperative e dalla Confcooperative-Unione Modena, si è lavorato per sviluppare bacini occupazionali nell’ambito dei servizi domiciliari per le persone anziane, a supporto o in alternativa al servizio pubblico, e far emergere il lavoro nero in questo settore.

[2] Progetto finanziato dal Fondo Sociale Europeo e dalla Regione Emilia Romagna in cui gli enti promotori - Comune di Modena, Comune di Forlì e Comune di Reggio Emilia - hanno potuto sperimentare e mettere a sistema azioni di welfare locale per promuovere l’emersione del lavoro di cura domiciliare, qualificare le assistenti familiari, raccordare e presidiare il mercato del lavoro di cura privato come risorsa di rete del welfare municipale, qualificare e rafforzare i sistemi informativi, di consulenza e di mediazione rivolti alle assistenti, favorire l’integrazione sociale delle lavoratrici immigrate.

[3] Se non si evidenziano particolari problemi, è prevista una visita domiciliare all’anno. Dal 2003 al 2010, sono state effettuare effettuate 704 consulenze domiciliari. È previsto l’avvio del servizio anche per le famiglie beneficiarie dell'assegno di cura (legge regionale n.5/1994).
 
[4] Questo tipo di percorso si è ripetuto per 4 gruppi di OSS. Complessivamente le operatrici coinvolte sono 150.

 

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