di Concetta Contini - Italia Lavoro, Torino
Marzo 2010
A giugno dello scorso anno si è conclusa la sperimentazione sulla rilevazione e la validazione delle competenze acquisite in contesti lavorativi promossa dalla regione Piemonte. La sperimentazione, realizzata attraverso l’assistenza tecnica di Italia Lavoro, faceva parte della programmazione “Pari 2007” della Regione Piemonte sulla riqualificazione e l’emersione del lavoro di cura delle assistenti familiari.
La sperimentazione ha avuto come finalità quella di favorire la costruzione di regole e meccanismi utili alla rilevazione e alla validazione delle esperienze maturate in ambiti non formali, e che quindi possano essere standardizzabili e trasferibili a target differenti dall’assistente familiare.
Il bisogno di ottimizzare strumenti e dispositivi che mirano a riconoscere le professionalità formate in ambito non formale, legato direttamente alle esperienze maturare sul campo, è molto sentito a livello europeo ed esistono delle linee guida sulla validazione degli apprendimenti che hanno già formalizzato strategie orientate in questa direzione[1].
A oggi non esistono, a livello nazionale, procedure e dispositivi di validazione degli apprendimenti esperienziali, mentre in alcune Regioni sono partite, o già concluse, sperimentazioni all’interno delle passate programmazioni legate ai fondi strutturali.
Lo sforzo, a livello nazionale, deve andare nella direzione di sistematizzare e uniformare modalità di certificazione in modo da garantire il riconoscimento dei titoli acquisiti e la mobilità delle forze lavoro fra le diverse Regioni.
La sperimentazione della regione Piemonte ha sistematizzato procedure e percorsi: per la sperimentazione è stato attivato un tavolo tecnico composto da rappresentanti dei settori regionali competenti (politiche del lavoro, formazione professionale, politiche sociali, sviluppo dell’imprenditorialità femminile), supportati dall’assistenza tecnica POR, Apprendimenti & Linguaggi e da Italia Lavoro.
Gli incontri iniziali sono stati finalizzati alla definizione dell’ambito d’intervento della sperimentazione. Il tavolo tecnico ha attivato la Commissione Standard Formativi e quella Socio-Educativa con l’obiettivo di mettere a punto gli strumenti operativi utili alla somministrazione delle prove di rilevazione e validazione delle competenze da certificare.
I destinatari della sperimentazione sono state lavoratrici residenti nella Regione, disoccupate e iscritte al Centro per l’Impiego, con esperienza lavorativa d’assistenza alla persona in ambito domestico e che hanno dichiarato interesse a migliorare e a vedere riconosciuta la propria professionalità. Il riconoscimento delle capacità è infatti un nodo centrale nel rapporto con persone che già da tempo lavorano nel settore e che quindi, pur non avendo seguito un percorso formativo strutturato, già possiedono gran parte delle competenze richieste dalla professione. Nella maggioranza dei casi si è trattato di donne straniere.
La rilevazione delle competenze e la loro successiva certificazione ha permesso di tener conto di conoscenze acquisite attraverso titoli di studio esteri non riconosciuti in Italia ma afferenti al mondo dell’assistenza (per esempio medico, infermiere, ecc.), avviando così un processo di qualificazione che riconosce il valore sociale ed economico delle destinatarie finali. Probabilmente alcune lavoratrici immigrate, decise a stabilizzarsi in Italia, potrebbero essere interessate ad altre proposte formative per capitalizzare i crediti riconosciuti attraverso la certificazione e spendibili in ambiti lavorativi meglio qualificati.
Nel corso della sperimentazione si è costituita a livello provinciale una commissione composta dall’operatore del CPI, un operatore della certificazione a capo delle agenzie formative e un professionista esperto del profilo che si andava a certificare[2]. La commissione, dopo aver verificato i risultati della rilevazione delle competenze ha potuto somministrare successive prove, anche pratiche, per convalidare le capacità dichiarate dal lavoratore e poterlo successivamente inserire a un livello preciso del percorso formativo di riferimento o direttamente all’esame finale, in modo da rilasciare l’attestato di frequenza e certificare le competenze della persona. In assenza di un profilo specifico standardizzato, è stato usato come riferimento il primo modulo dell’OSS (Operatore Socio Sanitario) “Elementi di assistenza familiare”, di 200 ore[3].
Il successo della sperimentazione ha messo in evidenza la necessità di dotarsi di strumenti, messi a sistema, utili a valutare l’occupabilità delle persone che cercano lavoro. Questa esperienza ha consentito di ottimizzare tempi e risorse della formazione: riconoscere i crediti formativi, acquisiti in ambito lavorativo significa permettere alle persone di frequentare una parte delle ore previste dalle singole unità formative del corso complessivo, e in alcuni casi di partecipare solo all’esame finale. La sperimentazione ha inoltre favorito l’integrazione fra la fase lavorativa e quella formativa, rinforzando le possibilità occupazionali.