di Dario Ceccarelli - Consulente Istituto per la Ricerca Sociale
Settembre 2008
Una parte dello studio “Servizi al lavoro e rete degli operatori pubblici e privati: la Lombardia nel contesto italiano ed europeo”[1] è stata dedicata ad un’analisi di benchmark, in particolare dei modelli di intervento e delle modalità di definizione di livelli minimi e standard di servizio di alcuni paesi europei esemplificativi di approcci diversi di interazione tra operatori pubblici e privati nell’offerta di servizi, evidenziandone gli elementi di forza e di debolezza.
Perché sono importanti i casi stranieri? Innanzitutto si deve ricordare che il sistema italiano sembra ancora lontano dall’avere trovato un profilo stabile ed omogeneo, o quanto meno risulta difficilmente declinabile. In questo senso, guardare ad altre esperienze costituisce un utile esercizio, poiché alcune suggestioni sembrerebbero essere di un qualche interesse per individuare risposte ad alcuni dei temi al centro del dibattito in corso. Rispetto ai casi presi in esame è necessario tenere conto che:
- i modelli sono in evoluzione ed i processi di riforma sono stati avviati in tempi diversi e con logiche ed obiettivi eterogenei;
- i sistemi politico-istituzionali risultano piuttosto diversificati ed eterogenei;
- si hanno di fronte modelli di welfare assai differenti, in particolare per ciò che concerne i sussidi al reddito.
Le esperienze europee a cui si è fatto riferimento sono:
- il caso olandese in quanto esemplificativo di un modello di elevato decentramento e privatizzazione dei servizi per il lavoro;
- il caso inglese perché delinea un modello in cui il servizio pubblico mantiene un ruolo rilevante e l’esternalizzazione ai privati riguarda solo alcune specifiche attività e alcune aree territoriali;
- il caso francese in ragione del fatto che afferisce ad un modello più vicino a quelli tradizionali, dove la collaborazione tra pubblico e privato è limitata, i Spi hanno un ruolo predominante e l’efficienza deriva da pratiche di gestione per obiettivi.
Rispetto ai risultati, si può sinteticamente ricordare che pur in un quadro disomogeneo per differenze culturali, di approccio e di modello utilizzato, alcune tendenze comuni sono comunque presenti.
Innanzitutto, viene evidenziato un crescente orientamento al servizio che ha spostato l’attenzione dai “processi” verso i servizi. In molti paesi è stata rivista l’organizzazione dei servizi per l’impiego ed il loro contenuto, ponendo più attenzione ai bisogni dell’utenza, identificata non più solo dal lato dell’offerta di lavoro, ma anche dal lato della domanda di lavoro. Si osserva inoltre che vi è un tentativo, assai generalizzato, di razionalizzare i compiti amministrativi per ridurre i tempi di attesa, di predisporre sistemi di “auto-aiuto” e di informazione sui posti vacanti, di dare maggiore enfasi ai bisogni delle imprese, di porre attenzione al livello di soddisfazione dell’utenza.
Un secondo aspetto che accomuna diverse realtà è la crescente integrazione di politiche gestite da diverse agenzie che vede generalmente i centri pubblici come porta di accesso (gatekeeper) ai servizi e di snodo e coordinamento dei diversi interventi e dei diversi attori locali, attraverso il potenziamento delle attività di accoglienza e di “profiling” degli utenti.
A questo elemento si associa un ulteriore fattore sufficientemente trasversale che riguarda la personalizzazione dei servizi. Si osserva, infatti, l’affermarsi di un’impostazione che vede l’affido dell’utente ad un consulente personale che, nel rispetto delle aspirazioni e delle attese dell’utente, propone un progetto specifico, sia per il soggetto in cerca di occupazione, sia per l’impresa in cerca di lavoratori per soddisfare il proprio fabbisogno.
Anche l’uso crescente di strumenti di monitoraggio e valutazione dei risultati, attraverso la predisposizione di indicatori di performance e la valutazione di efficacia ed efficienza delle misure intraprese, risulta essere un elemento sufficientemente condiviso.
Altro aspetto comune riguarda l’utilizzo crescente dell’ICT, sia per sostenere le reti e l’integrazione tra servizi, sia per facilitare l’accesso all’informazione (attraverso l’integrazione dei database delle candidature e dei posti vacanti e la realizzazione di sistemi di self-service) e razionalizzare/semplificare le procedure amministrative, sia ancora per rafforzare i sistemi di monitoraggio e controllo.
Infine, l’obiettivo di ottimizzare il mercato del lavoro attraverso la cooperazione tra operatori pubblici e privati, seppure perseguito attraverso modalità eterogenee (in taluni casi pubblico e privato collaborano, in altri sono in competizione, in altri ancora i servizi privati per l’impiego vanno ad integrare il servizio pubblico), sembrerebbe evidenziare che l’approccio prevalente porta ad affidare ai servizi pubblici le fasce di utenza a maggiore occupabilità, mentre ai servizi privati vengono affidati i lavoratori che necessitano di maggiori e più intense attività di accompagnamento.