di Sergio Pasquinelli - Istituto per la Ricerca Sociale, Milano
Settembre 2008
Sta crescendo l’attenzione all’incontro tra domanda e offerta di assistenza per gli anziani. Ed è un fiorire di iniziative: con l’apertura di sportelli, centri di intermediazione, servizi di primo ascolto. E’ il caso degli sportelli che Italia Lavoro ha aperto negli anni passati in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lombardia, e poi di un numero crescente di interventi promossi da alcune (poche) Regioni e molti enti locali.
Dove porta tutta questa attività? I dati disponibili mostrano che queste iniziative hanno buoni riscontri al primo livello, con una grande quantità di primi contatti, sia tra chi domanda lavoro (le famiglie) sia tra chi lo offre (assistenti familiari). I numeri diminuiscono rapidamente quando si passa agli abbinamenti, i matching realizzati tra famiglia e assistente familiare, per diventare estremamente esigui se guardiamo ai contratti regolarmente stipulati.
In generale sembrano interessanti le collaborazioni avviate tra Comuni e Centri per l’impiego: penso all’Emilia Romagna – Parma e Bologna – alla Lombardia – Brescia, Sesto San Giovanni – per citare solo alcuni esempi. Dove la competenza dei Comuni sulla domanda di assistenza e dei Centri per l’Impiego sull’offerta di lavoro può dar luogo a una interazione che ne valorizza le reciproche specificità.
Comuni e Centri per l’impiego possono diventare complementari e la collaborazione può diventare virtuosa. Ad almeno due condizioni.
Primo. Per servizi abituati a muoversi nel mercato privato trattare famiglie, e non imprese, come “datori di lavoro” richiede attenzioni particolari: per la complessità, la variabilità delle esigenze, la dialettica che esiste tra richieste formulate dalle famiglie e bisogni reali – non sempre corrispondenti. I due servizi – Comuni e Centri per l’impiego – devono riuscire a creare un canale stabile di comunicazione, dove interventi di informazione e accompagnamento rivestano un ruolo non secondario.
Purtroppo pesa la forte sottodotazione di organico dei Centri per l’impiego nel nostro paese. Basta guardare alla realtà dei Job Centre inglesi: 1.500 servizi con quasi 90.000 addetti, rispetto ai 540 Centri per l'impiego italiani e ai loro 15.000 addetti. I quali presentano un tasso produttività abbastanza critico, se è vero che mediamente “in due anni ogni addetto ha aiutato a ricollocarsi sei persone” [1].
Secondo. La disponibilità a stipulare un contratto di lavoro rimane molto bassa, per evidenti motivi di convenienza reciproca. In nero una badante prende al netto di più e costa di meno alla famiglia, a parità di ore lavorate. In una situazione di questo tipo cercare di fare emergere il lavoro di cura solo attraverso l'azione di sportello rischia di essere velleitario. La pura intermediazione di lavoro, se scollegata da tutto il resto, ha il fiato corto e lo sforzo sembra sproporzionato rispetto ai risultati. I dati disponibili mostrano che su 10 colloqui iniziali uno, se va molto bene due, si trasformano in contratti di lavoro. Se l’obiettivo di queste iniziative è quello di facilitare la creazione di nuova occupazione, si tratta di risultati ancora molto limitati.
L'intermediazione, la cosiddetta pre-selezione, è ciò che le persone chiedono, ma dietro si nascondono bisogni ben più ampi. Le famiglie in particolare non cercano solo la “badante giusta”, ma sono interessate a un luogo che dia informazioni, ascolti, a cui ci si possa appoggiare nel tempo, di cui ci si possa fidare, un luogo capace di rompere la solitudine del mercato.
Gli sportelli incontrano due solitudini: famiglie che cercano garanzie minime di affidabilità, e donne immigrate che vogliono affrancarsi dalla compra-vendita di lavoro. Entrambi cercano naturalmente una risposta alle proprie richieste, ma anche un contesto che li ascolti, che ne valuti capacità da un lato, bisogni dall’altro. Un contesto capace di accompagnamento. Che offra informazione, ricerca, assistenza non solo "burocratica", orientamento, sostegno continuato nel tempo.
Gli sportelli dedicati all’incontro tra famiglie e assistenti familiari – gli “sportelli badanti” – diventeranno sempre più incisivi nella misura in cui sapranno avvicinarsi a queste diverse esigenze, farle emerge, dare loro ascolto e risposta.
Dedichiamo questo numero della newsletter ai servizi per l’impiego, con ampi resoconti di recenti analisi che aiutano a inquadrarne i cambiamenti e le possibilità di sviluppo, anche nella direzione del lavoro di cura familiare.
[1] C. Casadei, Il collocamento mancato, in “Il Sole 24 Ore”, Inserto Job 24, 4 giugno 2008.