La regolamentazione dei flussi migratori e il problema del ‘mismatch’ nell’ambito della cura

di Daniela Mesini - Istituto per la Ricerca Sociale, Milano
Dicembre 2006

 

E' opinione condivisa, anche dall'attuale Governo, che la normativa sull'immigrazione vada ripensata o almeno che presenti ampi margini passibili di ridefinizione. La legge Bossi-Fini (189/2002), particolarmente repressiva nei confronti dell'immigrazione clandestina, ha di fatto introdotto meccanismi di ingresso rigidi che mal si adattano all'estrema flessibilità del mercato del lavoro italiano, in particolare al mercato della cura.

Le questioni principali su cui si fonda la normativa in materia di disciplina del lavoro sono:

1. la stretta correlazione tra possibilità di ingresso di extra-comunitari ed il possesso di un regolare contratto di lavoro;
2. la chiamata nominativa o numerica (1)  'a distanza' come unica modalità di ingresso (salvo per i lavoratori autonomi);
3. la programmazione annuale puntuale degli ingressi in Italia, attraverso i cosiddetti decreti flussi.

Il cosiddetto 'contratto di soggiorno' costituisce una delle novità più importanti della Bossi-Fini e del successivo D.P.R. n. 334/2004. Lo stretto legame tra la durata del permesso di soggiorno e la durata del contratto di lavoro viene giudicata da molti come un ritorno ad un trattamento svilente dello status dello straniero, nella direzione di una sua precarizzazione giuridica e socio-economica. Di fatto, secondo la legge lo straniero può entrare in Italia per motivi di lavoro solo quando il lavoro già ce l'ha e solo per 'volontà' del suo datore di lavoro. In effetti lo 'stra-potere' del datore di lavoro nei confronti del lavoratore immigrato è ad esempio decretato dal fatto che la normativa non prevede alcuna sanzione nei confronti del datore di lavoro che non ottemperi agli obblighi derivanti dalla garanzia prestata nel contratto quali la disponibilità di un alloggio 'idoneo' e l'eventuale pagamento delle spese di ritorno nel paese d'origine dello straniero.

Al di là di una questione 'etica' si pone nell'ambito della cura un problema di impossibilità pratica a considerare in maniera così inscindibile la durata del soggiorno alla durata del rapporto di lavoro. 

Come dice bene Da Roit (2004) il lavoro di cura è di per sé stesso un'attività 'a termine': una volta perso il lavoro, ragionevolmente per ricovero o decesso dell'assistito, si ripropone il dilemma emerso/sommerso. Nonostante la sua natura particolare, per legge, il lavoro domestico viene di norma trattato come lavoro a tempo indeterminato e come tale da diritto ad un permesso di soggiorno per 2 anni, rinnovabili. Se il rapporto di lavoro si interrompe il permesso rimane valido per il periodo residuo e, in ogni caso, per almeno 6 mesi dal momento dell'iscrizione al Centro per l'Impiego. Durante questo periodo il cittadino straniero può essere assunto da altri datori di lavoro, ma l'evidenza empirica dimostra che più spesso tenderà a lavorare nel sommerso, preoccupandosi di regolarizzare nuovamente la sua posizione lavorativa a ridosso del rinnovo del permesso di soggiorno. (2)

La regola-cardine del sistema, che subordina l'ingresso regolare degli immigrati all'incontro a distanza tra domanda ed offerta di lavoro, prima dell'ingresso del lavoratore si è rivelata di fatto irreale e irrealizzabile. In Italia, per legge, non c'è modo di regolarizzare per motivi di lavoro i cittadini stranieri già presenti sul territorio senza permesso di soggiorno, ma è possibile ottenere un permesso per lavoro solo dal paese di provenienza.

Tutto questo è impensabile soprattutto per un lavoro come quello della badante per cui la conoscenza e la fiducia tra lavoratore e anziano sono componenti essenziali del rapporto.

Peraltro, uno degli istituti che consentivano l'incontro nel nostro Paese tra domanda e offerta di lavoro, il meccanismo dello sponsor, che, attraverso una sorta di 'prestazione di garanzia' (fideiussoria o assicurativa), di fatto permetteva di far leva sulla catena migratoria e sul legame familiare, consentendo per certi versi di preservare anche il carattere fiduciario del futuro rapporto di lavoro, è stato soppresso.

Dopo la Sanatoria del 2002, che ha portato all'emersione (parziale) di svariate centinaia di lavoratori operanti nel sommerso, l'ingresso degli stranieri in Italia per motivi di lavoro risulta definito da appositi DPCM annuali i quali stabiliscono, per determinati periodi temporali, le quote massime di lavoratori extra-comunitari ammissibili (i cosiddetti 'flussi')  per lavoro subordinato, autonomo e stagionale. (3)  La politica dei flussi si è rivelata di fatto incapace di disciplinare il fenomeno migratorio, stabilendo delle quote di ingresso sottostimate rispetto al reale bisogno. In altri termini si è di fatto dimostrata inadeguata a soddisfare sia la domanda di lavoro delle imprese e delle famiglie, sia l'offerta di lavoro da parte degli immigrati. Lo dimostra - con clamorosa evidenza - la ricerca sul mismatch sia in termini quantitativi che qualitativi tra domanda e offerta di lavoro immigrato recentemente realizzata dalla Luiss Guido Carli. (4)
 
Le cifre degli ultimi decreti flussi parlano chiaro. Con riferimento al solo ambito del lavoro domestico i decreti flussi 2003/2004 non prevedevano esplicitamene alcuna quota per colf e badanti, mentre nel 2005 il decreto flussi ha programmato 15.800 quote per queste categorie, nonostante 56.395 chiamate da parte delle famiglie. Dunque nel 2005 è stata soddisfatta meno di una famiglia su 3. Questo significa che la domanda di cura in Italia è enormemente più alta dell'offerta regolare 'consentita' per legge.

Al problema del mismatch, si devono aggiungere anche:
1. la macchinosità della procedura di regolarizzazione, non certo immediata e di facile realizzazione, oltre che altamente invasiva della privacy sia del lavoratore che del datore di lavoro;
2. i lunghi tempi per necessari per ottenere la regolare presenza del lavoratore in Italia, che certo non collimano con la domanda di cura che spesso si basa sull' "urgenza";
3. il requisito di reddito per il datore di lavoro che regolarizza, corrispondente ad oggi ad una soglia pari al doppio del salario corrisposto alla lavoratrice, cifra questa spesso elevata per il bilancio dell'anziano.

In questa situazione così rigida l'anziano e la sua famiglia che non possono liberamente e agevolmente assumere le persone che ritengono degne di fiducia, tendono a rifugiarsi nell'informalità, alimentando il mercato del sommerso.

Note

(1)  Il datore di lavoro che non conosce personalmente il lavoratore può fare una richiesta numerica, richiedendo il nulla osta al lavoro di un lavoratore comunitario iscritto nella banca dati AILE (Anagrafe Informatizzata dei Lavoratori Extracomunitari).

(2)  La richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno deve essere presentata alla Questura 90 giorni prima della scadenza, in caso di lavoro subordinato a tempo indeterminato, e deve essere corredata da un'autocertificazione del datore di lavoro attestante la sussistenza del contratto di soggiorno; alcune Questure, come quella di Milano, richiedono, a completamento della documentazione, copia dello statino dei contributi versati negli ultimi 3 mesi. 

(3)  I decreti flussi, fino al 2006, prevedevano inoltre specifiche quote di ingresso per i lavoratori provenienti dai paesi neo-comunitari soggetti alla moratoria contro la libera circolazione dei lavoratori subordinati (Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia ed Ungheria).

(4)  Si tratta di LUISS Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli, "Flussi migratori e mismatch nel mercato del lavoro", Executive Summary, presentato in occasione del Convegno dei Giovani Imprenditori tenutosi il 9 marzo 2005. La ricerca aveva come scopo di analizzare, attraverso varie fonti informative, l'impatto dell'immigrazione sul mercato del lavoro italiano con particolare riferimento al mismatch tra domanda e offerta. Il mismatch è stato calcolato confrontando, l'offerta complessiva di lavoro immigrato (lavoratori autorizzati dal decreto flusso più lavoratori immigrati in cerca di occupazione) con una misura della consistenza della domanda di lavoro immigrato da parte delle imprese (previsioni di assunzione secondo l'indagine Excelsior). Risulterebbe superiore al 70%, comunque variabile a seconda della distribuzione territoriale.

Bibliografia

Da Roit B., Castegnaro C. (2004), Chi cura gli anziani non autosufficienti? Famiglia, assistenza privata e rete dei servizi per anziani in Emilia-Romagna, Milano, Franco Angeli.

LUISS Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli, Flussi migratori e mismatch nel mercato del lavoro, paper presentato in occasione del Convegno dei Giovani Imprenditori tenutosi il 9 marzo 2005.

Mazzacurati C. (2005), Dal blat alla vendita del lavoro. Come sono cambiate colf e badanti ucraine e moldave a Padova, in Caponio T. e Colombo A. (a cura di), Migrazioni globali, integrazioni locali, Bologna, Il Mulino.

 

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