Se le badanti iniziano a diminuire

di Flavia Piperno - Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI), Roma
Luglio 2009



Il settore della cura e della collaborazione domestica in Italia è un bacino di reclutamento di manodopera straniera in costante crescita. I lavoratori domestici a servizio delle famiglie italiane costituiscono oltre un quinto degli iscritti all’INPS (21,9%) e quasi la metà (45,5%) delle donne straniere in Italia sono occupate in questo settore (INPS Caritas 2009).

I tentativi di regolarizzazione delle lavoratrici domestiche e della cura adottati dal governo negli ultimi anni hanno portato a destinare una quota progressivamente maggiore di ingressi a questo settore. Nel 2008 l’impiego presso le famiglie costituiva addirittura l’unico possibile canale d’ingresso per lavoro non stagionale consentito a paesi non riservatari. Eppure il numero di chiamate nominative pervenute al Ministero dell’Interno è stato ogni anno almeno quattro volte superiore al totale delle quote previste.

Sebbene un’ampia percentuale di queste domande sia fraudolenta, il dato mostra come questo settore cresca oltre la capacità di previsione del governo.

Tabella 1 - Quote di ingresso di lavoratori extracomunitari: decreti flussi 2005 - 2008 [1]

 
Totale quote
Quote per lavoro subordinato non stagionale
Totale domande nominative giunte al Ministero dell’Interno
Quote riservate a lavoro domestico o di assistenza alla persona
Domande giunte al Ministero dell’Interno per lavoro domestico o di assistenza alla persona
2005
79.500
30.000
250.880
15.000
56.000
2006
170.000
120.000
540.000
45.000
200.000
2007
170.000
170.000
720.000
65.000
391.864
2008
150.000
150.000
*
105.400
*


Fonti: Ministero dell’Interno;  Mazzacurati 2005; Sole 24 ore 2007

* Per i 150.000 nuovi lavoratori stranieri non c’è stata alcuna procedura per la presentazione delle domande. Sono stati ripescati coloro che avevano già inoltrato la richiesta per il precedente decreto attraverso la procedura telematica dei 'click day'.

A prima vista, si ha l’impressione di un “esercito di badanti”, che alimenta un’“invasione” silenziosa e al tempo stesso benefica. Truppe di assistenti familiari penetrano i vuoti lasciati scoperti dalla trasformazione della famiglia, dalla dinamica demografica e dalla tradizionale debolezza delle politiche sociali in Italia[2]. Apparentemente si tratta di un’esercito quasi illimitato, sempre disponibile, perfettamente plasmabile sulle esigenze delle nostre famiglie; è il volto buono dell’immigrazione: flessibile e clandestino quando serve, ma che può essere sanato senza perdere il consenso dell’elettorato.

Ma se questa fosse solo la prima scorza di una realtà che si rivela diversa? Se scoprissimo che le badanti non sono un esercito, ma al contrario una risorsa scarsa da valorizzare e ottimizzare?

E’ proprio questa la prospettiva, per nulla scontata, emersa da una consultazione tra esperti avviata dal CeSPI a partire dal febbraio 2008 (Piperno 2009)[3].

Come mostra la figura sottostante, la maggior parte degli esperti ritiene che nei prossimi 5-10 anni aumenterà il bisogno di manodopera straniera non solo nel settore della cura, ma anche in alcuni gradini più elevati della filiera del welfare, come quello degli OSA (Operatori Socio Assistenziali) e OSS (Operatori Socio-Sanitari) e degli infermieri.

Figura 1 - Fabbisogno di lavoro straniero tra 10 anni nella filiera del welfare in Italia

 
 
I partecipanti sembrano concordare sulla possibilità che, nonostante il persistente divario economico tra Nord e Sud del mondo e la costante pressione migratoria sul nostro paese, sia sul medio che sul lungo termine si verificherà un divario tra domanda e offerta di lavoro nel settore dell’assistenza familiare in co-residenza per non autosufficienti. L’esercito delle badanti non sarà dunque sufficiente o adeguato a rispondere alla domanda delle famiglie, oppure saranno le stesse famiglie a non potersi più permettere una cura privata. Il meccanismo che oggi rende possibile una sorta di “quadratura del cerchio” – ovvero un’offerta capillare di cura a fronte di una limitata spesa sociale – domani potrebbe rivelarsi non sostenibile.

Come si vede dalla figura sottostante c’è un diffuso consenso sul fatto che anche il divario tra domanda e offerta di lavoro nel settore infermieristico continuerà a manifestarsi sul medio e lungo termine e in un futuro – non troppo lontano - si delineerà un labour shortage anche  per le funzioni di OSA e OSS.
 
Figura 2 - Divario tra la domanda e l’offerta di lavoro tra 10 anni nella filiera del welfare*
 
 
* Le risposte SI  corrispondono a chi ritiene che ci sarà un divario
 
A questo fenomeno concorrono diverse cause.

In primo luogo gli esperti ritengono che aumenterà un’offerta di lavoro ad ore da parte delle donne immigrate, mentre da parte delle famiglie sarà più elevata una domanda di lavoro in co-residenza. Tale problematica si era posta già alla fine degli anni ’60, quando la manodopera di cura era quasi esclusivamente italiana e cominciava a mostrarsi sempre meno disposta a vivere sotto lo stesso tetto con i datori di lavoro (Colombo 2003: 323; Andall 2000; Sarti 2004). Oggi questa tendenza – solo temporaneamente rallentata dalla crisi economica – si pone con la manodopera straniera.[4]

Il secondo elemento che porterà ad un aumento del divario tra domanda e offerta di lavoro nel settore dell’assistenza alla persona deriva dall’insostenibilità finanziaria di questo mercato. Nei prossimi anni arriveranno alla vecchiaia molte persone con pensioni molto basse, verosimilmente insufficienti ad assumere una badante a tempo pieno. Contestualmente, la politica di lotta al sommerso e all’evasione fiscale potrebbe invece indurre un innalzamento dei costi, rendendo meno accessibile alle famiglie il ricorso alla cura privata. Si evidenzia inoltre come nel futuro la presenza in Italia di un’offerta disponibile a lavorare nel settore della cura dipenderà dalla capacità del nostro paese di vincere la concorrenza di altri paesi europei nell’attrarre manodopera migrante. Sarà necessario garantire migliori condizioni lavorative, ma ciò, tuttavia, si rivelerà un ulteriore elemento che rischia di rendere: “molto (troppo) caro il lavoro potenzialmente impiegabile nel settore domestico”.

In terzo luogo, alcuni esperti temono che la domanda di assistenza per i grandi vecchi (+ 80 anni) cresca oltre la capacità di auto-regolazione del mercato, pur in presenza di un alto livello di informalità e sommerso.

Infine il miglioramento delle condizioni socio-economiche dei paesi est europei (specie i nuovi paesi membri) diminuirà l’offerta di lavoro proveniente da queste aree. Sebbene il reclutamento di lavoratrici da impegnare nel settore domestico potrà venire da altri paesi non è detto che donne e uomini provenienti da culture e distanze diverse mostrino lo stesso grado di adattamento alle esigenze delle famiglie italiane. Non è certamente un caso che l’esplosione del “badantato” come fenomeno di massa sia avvenuto proprio dopo la sanatoria del 2002 che ha sancito una chiara predominanza delle est europee nelle fila delle lavoratrici domestiche.
 
Bibliografia

Andall, J. (2000), Gender, migration and domestic service: the politics of black women in Italy, Aldershot, Ashgate.

Colombo, A. (2003), “Razza, genere, classe. Le tre dimensioni del lavoro domestico in Italia”, in Polis, vol. 17, n. 2.
 
INPS-Caritas, III rapporto INPS. I lavoratori immigrati negli archivi previdenziali, INPS, Aprile 2009
 
Piperno F., Welfare e immigrazione. Impatto e sostenibilità dei flussi migratori diretti al settore socio-sanitario e della cura. Risultati di una consultazione tra esperti. CeSPI Working Paper n. 55/2009. Scarica qui il rapporto
 
Sarti, R. (2004), “‘Noi abbiamo visto tante città, abbiamo un’altra cultura’. Servizio domestico, migrazioni e identità di genere in Italia: uno sguardo di lungo periodo”, Polis, vol. 18, n. 1.
 
 

[1] Nella tabella non sono riportate le quote integrative per stagionali e per stranieri con formazione all’estero e il decreto flussi – bis 2006 che ha stabilito una quota di 350.000 ingressi per lavoro subordinato non stagionale, limitatamente, però, alle domande presentate agli sportelli Unici nell’ambito del precedente decreto flussi (entro il 21 luglio 2006).

[2] “Esercito” e “invasione” sono definizioni utilizzate da alcuni giornali italiani per trattare il fenomeno delle assistenti familiari.

[3] Gli esperti, riuniti attraverso la metodologia del Delphi group sono: Anna Banchero (Regione Liguria), Francesca Bettio (Università di Siena), Paolo Boccagni (Università di Trento), Alessio Cangiano (Compas – Oxford), Luca Einaudi (Presidenza del Consiglio dei Ministri), Costanza Fanelli (Lega delle cooperative sociali), Federico Giammusso (Ministero delle Finanze), Giovanni Lamura e Gabriella Melchiorre (INRCA), Giovanni Leonardi e Annalisa Malgeri (Ministero della Salute), Claudio Minoia e Alberto Zoia (Provincia di Milano),Sergio Pasquinelli e Giselda Rumini (IRS), Emmanuele Pavolini (Università degli Studi di Macerata), Raffaella Sarti (Università di Urbino), Renzo Scortegagna (Università di Padova), Francesca Scrinzi, (Università di Glasgow), Stefano Zamagni (Università di Bologna), Stefania Gastaldi (IPASVI). Tutto il materiale prodotto nell’ambito di questo progetto di ricerca è disponibile alla pagina web: www.cespi.it/Delphi-welfare.html

[4] Si veda il dossier “Badanti: la nuova generazione”, di Sergio Pasquinelli e Giselda Rusmini. Scarica qui il rapporto

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