Qualificare un lavoro... con cura

di Anna Carretta - formatrice pedagogista, Milano
Dicembre 2006

 

Vengono qui presentate alcune riflessioni a conclusione del corso di formazione per assistenti familiari realizzato nell'ambito del Progetto Equal "Qualificare il lavoro privato di cura" che si è svolto a Sesto San Giovanni - provincia di Milano -  tra maggio e settembre di quest'anno.

Il percorso è stato di 120 ore di lezione, due pomeriggi a settimana e  30 ore di tirocinio.
Articolazione: modulo di base,  costruzione della relazione con il gruppo, il ruolo professionale, la conoscenza del contesto, la normativa su immigrazione e  contratti di lavoro; modulo trasversale, le capacità relazionali, le dimensioni emotive, gli aspetti psicologici del lavoro di cura con anziani e  famiglie; modulo professionalizzante, la gestione degli aspetti tecnico-professionali. Tirocinio finalizzato alla conoscenza dei servizi di cura presenti sul territorio.

La rete degli attori coinvolti: il progetto è stato realizzato da soggetti con competenze che hanno costituito "la trama del tessuto su cui tessere" l'esperienza formativa. Il filo della conoscenza e del lavoro quotidiano con e per gli stranieri portato da Caritas Ambrosiana, intrecciato con la responsabilità e l'azione del Comune di Sesto San Giovanni; il sindacato,  rilevatore in tempo reale della situazione dei lavoratori, sia italiani che stranieri; l'apporto di I.R.S. nella ricerca sociale, utile a registrare i fenomeni, a leggerli, proponendo possibili interpretazioni e linee di intervento; l'esperienza, nella formazione sociale, di Irecoop Lombardia che ha contribuito a realizzare un percorso formativo qualificante, in una logica di rete anche con le realtà cooperative del territorio.

L'incontro con le partecipanti: il primo contatto è avvenuto attraverso lo Sportello Assistenza Familiare del Comune di Sesto San Giovanni, avviato con il progetto Equal. Lo Sportello ha realizzato una Banca Dati di Assistenti Familiari del territorio; offre consulenza a famiglie e a operatrici e favorisce conoscenza della rete dei servizi, al fine di rispondere in modo qualificato ai bisogni di cura. Le due operatrici hanno incrociato la domanda di formazione di donne straniere in cerca di impiego nel lavoro domiciliare di cura o già lavoratrici e hanno proposto loro di iscriversi al corso di formazione. Una operatrice è stata tutor del corso, costituendo per le partecipanti e per lo staff, elemento di continuità e di tenuta.

La composizione del gruppo: si è  privilegiata l'eterogeneità come arricchimento dell'esperienza formativa. Si sono iscritte, a seguito di un approfondito colloquio di selezione, 20 donne di nazionalità, età  e situazioni lavorative differenti. Donne con storie di sofferenza e tenacia legate alla terra d'origine, venute in Italia per trovare opportunità di lavoro e di dignità per se stesse e per le proprie famiglie, vicine o lontane che siano. Le loro storie sono state parti preziose di confronto e arricchimento reciproco. Portare in aula culture, linguaggi, operatività differenti ha consentito di sperimentare cosa significhi entrare in relazione con l'altro, costruire un rapporto di fiducia, ascoltare e imparare, considerare le differenze e le distanze una risorsa e non solo una fatica.

La struttura del percorso: la modulazione ha consentito la frequenza senza compromettere impegni familiari e lavorativi. Per le donne che già lavoravano come assistenti familiari è stato concordato con le famiglie datrici di lavoro di condividere l'impegno formativo, riconoscendo un contributo economico che mettesse in grado di contribuire al pagamento, per le ore di lezione, di un'assistente familiare sostituta. Si è deciso di coinvolgere pochi formatori, in modo che ogni docente potesse garantire accompagnamento all'apprendimento. Alcuni docenti esperti in tematiche relative agli anziani operano in contesti cooperativi del territorio, punto di forza per  uno stretto contatto tra il piano formativo e quello operativo. Il tirocinio, non previsto dal progetto formativo realizzato dalla Provincia, è stato garantito, dando l'opportunità di affiancare operatori qualificati nel lavoro di cura domiciliare. Le partecipanti hanno sperimentato come si costruisce, negozia e verifica con la famiglia e con l'assistente familiare un Piano di Assistenza Individualizzato, grazie alla collaborazione con la cooperativa C.A.F. di Sesto San Giovanni. Si è articolato anche un tirocinio con il S.A.D. del Comune di Sesto San Giovanni, gestito dalla cooperativa Orizzonti Sociali, per affiancamenti alle a.s.a. in famiglie con anziani che utilizzano il servizio.
Gli strumenti: spesso i contenuti sono stati trattati attraverso simulazioni, giochi di ruolo, esercitazioni, costruzione di immagini su cartelloni. Le testimonianze in aula di operatrici sociali hanno rappresentato un confronto sull'operatività dei servizi territoriali. L'uso di griglie di osservazione in tirocinio ha accompagnato la descrizione scritta e le riflessioni sui vissuti emotivi. E' stato prodotto un materiale molto ricco sia nell'uso del linguaggio che nella produzione di senso.
La verifica finale, attraverso un questionario scritto  e un colloquio, ha consentito di valutare l'apprendimento dei contenuti.

L'esperienza: nel tentativo di descrivere questo percorso, è sfuggita la possibilità di restituire la densità dell'esperienza che mi ha coinvolto direttamente. Ho avuto il privilegio di entrare a far parte di un contesto, che passo dopo passo, ha reso possibile condividere apprendimenti e crescita, e non solo in termini professionali. Chi ha progettato e realizzato questo percorso, c'è stato dall'inizio e c'è ancora, nella speranza che si possa nuovamente realizzare, ampliare, esportare. Le partecipanti hanno dimostrato un appassionamento e una volontà che meritano di essere valorizzate. In aula c'erano persone dai 28 ai 59 anni, ecuadoriane, peruviane, una dominicana, un'ucraina, sedute a semicerchio, una accanto all'altra, con quaderno per gli appunti, agendina e viveri. Mai dimentiche della fatica del prima e del dopo, sostegno l'una per l'altra negli inciampi di una lingua che sfugge quando cala la concentrazione o quando la tecnica che si accompagna al contenuto si fa poco comprensibile. Ho cercato il loro sguardo, i sorrisi smarriti, i suggerimenti sussurrati nella lingua madre, per capire quale distanza e quale vicinanza avrebbe reso più capace il mio dire, il mio stare, il mio accompagnare. Mi hanno spesso condotto loro, con rispetto e pazienza. Nelle pause mangiavano e bevevano, insieme, perché imparare e nutrirsi vanno di pari passo. C'era fra loro una donna in attesa di un figlio, avrebbe partorito a luglio e io, il primo giorno, mi sono chiesta come avrebbe fatto a frequentare dopo la nascita del bambino. Lei e le altre erano piene di fiducia e assolutamente a proprio agio nel considerare tutto ciò normale e possibile. C'è stato il parto pochi giorni prima dell'interruzione estiva del corso, è nata una bambina; la sua mamma si è organizzata chiedendo aiuto a una cugina e a settembre ha ripreso il corso frequentando fino alla fine. All'esame ha portato anche la bambina per poterla allattare condividendo con le compagne l'ultimo giorno.

C'era fra loro una donna di 59 anni che interveniva poco, con discrezione. Più volte mi sono chiesta se quel percorso le sarebbe stato utile. Ha portato la relazione di tirocinio scritta al computer dal nipote, in italiano. E' stata la relazione più ricca e capace di restituire vissuti emotivi e considerazioni sulla professione.

Quando ho parlato loro dell'esame finale che avrebbero dovuto sostenere, mi aspettavo ansia per la prestazione, richiesta di rassicurazione sulle domande a cui avrebbero dovuto rispondere, invece mi hanno chiesto se potevano organizzare una festa con noi dello staff. La conclusione di un percorso richiede uno spazio di condivisione e di elaborazione emotiva, una festa appunto. Loro l'hanno pensata e organizzata. Noi l'abbiamo condivisa. Abbiamo allestito lo spazio, messo a disposizione un contesto, loro lo hanno riempito di senso, con la loro musica, i loro balli, il loro cibo. Loro e noi è dunque possibile. Vorrei solo che si potesse dire e fare ancora per altre loro, per altre noi.

 

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